E
Edema cerebrale
L’Edema Cerebrale d’Alta Quota (HACE) è una
patologia rara ma potenzialmente mortale e come tale, se non trattata
tempestivamente, può condurre al decesso in meno di 12
ore. La sua insorgenza è subdola, tanto che non siamo ancora
a conoscenza né dei precisi meccanismi che ne stanno alla
base, né della sua sintomatologia precoce. I sintomi precoci
(disturbi neurocognitivi) possono essere evidenziati attraverso
la somministrazione di tests psicologici. Ma la diagnosi certa
di edema cerebrale può essere fatta solamente nel momento
in cui ne compaiono i sintomi tardivi (vedi oltre), ma a quel
punto l'organismo è già talmente compromesso da
rendere spesso difficile il salvataggio.
Caratteristici dell'edema cerebrale da alta quota sono i fenomeni
di:
atassia (dal greco ataxia, disordine),
disturbo consistente nella progressiva perdita della coordinazione
muscolare che rende quindi difficoltoso eseguire i movimenti volontari.
Vi è mancanza di coordinazione fra tronco e braccia, tronco
e capo, ecc. Vi possono essere anche disturbi associati, quali
incoordinazione dei movimenti dell'occhio, incontinenza, difficoltà
di deglutizione e movimenti involontari di arti, capo e tronco.
anosognosia, fenomeno molto complesso che significa
mancanza di coscienza di malattia. Consiste nell'incapacità
del paziente di riconoscere e riferire il suo stato di malattia,
di cui non è consapevole, manifestando invece la convinzione
che tutto funzioni correttamente nel suo organismo. Se messo a
confronto con i suoi deficit, il paziente attua delle confabulazioni
oppure delle spiegazioni assurde, incoerenti con la realtà
dei fatti. In montagna questo si può tradurre in mancato
senso di paura, nel rifiuto di qualsiasi soccorso e nel mettere
in atto comportamenti rischiosi, sovrastimando la possibilità
di effettuare specifici compiti.
Empowerment
Attualmente c'è una parola nominata più volte da più parti: EMPOWERMENT, che significa letteralmente RENDERE POTENTI.
La definizione di Empowerment viene data da Nina Wallerstein nel 2006:
L’empowerment è un processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza (sulle proprie vite), al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita.
Possiamo definire l'E. sia come strumento, e quindi come processo, sia come fine, e quindi come risultato, della promozione della qualità della salute. L'E. è qualcosa in grado di aumentare il controllo sulla propria esistenza, attraverso un miglioramento del senso di padronanza e controllo su ciò che riguarda la propria vita. E' acquistare un sentimento vissuto di sé. Le persone imparano ad avere competenze, motivazione e risorse per intraprendere attività volte al miglioramento della propria vita.
Il pieno E. è dato dall'E. psicologico + l'E. socio-ambientale (risorse e possibilità fornite/consentite dall'ambiente).
Le caratteristiche seguenti caratterizzano l'Empowerment:
- Attribuzione a sé stesso dei risultati e degli effetti del proprio agire
- Tendenza a percepire sé stesso come persona capace di scegliere e di mettere in atto comportamenti adeguati, capaci, efficaci
- Sentire la volontà e il desiderio di essere dentro sé stessi e di essere partecipi
- Valutazione positiva delle proprie capacità
- Tendenza a ritenere i fenomeni, le variabili, le cose che ci circondano siano gestibili, controllabili e indirizzabili
- Pensare che un cambiamento responsabile sia possibile, anche in relazione alle persone "altre" da noi
Esistono, inoltre, tre livelli di Empowerment:
1. E. PSICOLOGICO. L’empowerment psicologico scaturisce dalla combinazione di tre componenti:
- convinzione soggettiva di poter influire sulle decisioni che incidono sulla propria vita (componente intrapersonale);
- capacità di comprendere il proprio ambiente socio-politico (componente interpersonale);
- partecipazione ad attività collettive mirate a influenzare l’ambiente socio-politico (componente comportamentale).
2. E. ORGANIZZATIVO. A livello organizzativo, l’E. include i processi e le strutture organizzative che aumentano la partecipazione dei membri e migliorano l’efficacia dell’organizzazione nel raggiungere i propri scopi. Un’organizzazione che dà l’opportunità ai propri membri di aumentare il controllo sulla propria esistenza è definita organizzazione “empowering”; un’organizzazione che si sviluppa con successo e che influenza le decisioni politiche è definita un’organizzazione “empowered”. Queste caratteristiche possono essere entrambi presenti un un’organizzazione.
3. E. DI COMUNITÀ. A livello di comunità, l’E. attiene all’azione collettiva finalizzata a migliorare la qualità di vita e alle connessioni tra le organizzazioni e le agenzie presenti nella comunità. Attraverso l’empowerment di comunità si realizza la “comunità competente” (Iscoe, 1974), in cui i cittadini hanno “le competenze, la motivazione e le risorse per intraprendere attività volte al miglioramento della vita”.
Equilibrio (– squilibrio/disequilibrio)
L’equilibrio rappresenta la posizione e il controllo della
posizione e del movimento del corpo nello spazio. E’ il
prodotto di un’interazione e coordinazione nel cervello
di impulsi nervosi che provengono dall'orecchio interno, dagli
occhi, dai muscoli del collo, e dai muscoli delle articolazioni
degli arti. Un disturbo in una qualunque di queste parti (traumatico,
circolatorio, tossi-infettivo, tumorale) può dare origine
ad una sensazione soggettiva di vertigine o di instabilità.
Anche disturbi delle varie funzioni del corpo possono dare vertigine
poiché interferiscono nella coordinazione degli impulsi
che arrivano al cervello. Il cervello reagendo ad impulsi anormali
o incoordinati, può rispondere in modo che l'individuo
abbia una falsa sensazione di movimento.
In senso traslato, il termine si adopera in fisiologia ( equilibrio
di membrana, , acido-basico, azotato, legge dell'equilibrio mobile)
per indicare costanti organiche alla cui conservazione, essenziale
per la vita, provvedono sistemi fisico-chimici che si oppongono
a mutamenti patologici.
Equilibrio ecologico
Prima di parlare di EQUILIBRIO ECOLOGIO è necessario definire che cos'è l'ECOLOGIA e che cos'è un ECOSISTEMA.
Per ECOLOGIA, che deriva dal greco oikos,casa o ambiente, e logos, studio o discorso, è quella parte delle scienze naturali che studia l'ECOSFERA, cioè la porzione della Terra in cui è presente la vita organizzata in aggregati sistemici detti ECOSISTEMI, le cui caratteristiche sono determinate dall'interazione degli organismi tra loro e/o con l'ambiente circostante. L'ecologia può essere definita, più semplicemente come lo studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l'ambiente in cui vivono, comprendendo, l'ambiente, organismi viventi (fattori biotici) e mondo fisico circostante (fattori abiotici). Infine per ecologia si può intendere l'insieme delle conoscenze che riguardano l'economia della natura.
ECOSISTEMA è una porzione di biosfera delimitata naturalmente, cioè l'insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono tra loro e con l'ambiente che li circonda. Si intende per biosfera, in biologia, l'insieme delle zone della Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita. Le profonde modificazioni geologiche e climatiche della biosfera avvenute durante la storia del pianeta hanno influito profondamente sugli ecosistemi e sugli organismi viventi, determinando processi evolutivi ed estinzioni di moltissime specie viventi. Negli ultimi centocinquanta anni si è verificata, invece, una "modifica non naturale", ma di origine antropica, causata dallo sviluppo della popolazione umana. La specie umana ha saputo conquistare una posizione di predominio su tutte le altre specie viventi e si è diffusa in modo mai avvenuto nella storia ed ha indotto modifiche ambientali profonde con la sua cultura e la sua tecnologia. Questi cambiamenti hanno influenze sulle condizioni ambientali e climatiche. I principali fattori antropici che influiscono sulla biosfera sono:
- la crescita demografica
- l'inquinamento dell'aria, delle acque e dei terreni
- il disboscamento
- l'urbanizzazione
- l'agricoltura industrializzata
- l'industrializzazione
- lo sfruttamento delle risorse, in particolare dei combustibili fossili e delle materie prime rare.
Ogni ecosistema è costituito da una comunità di organismi viventi che interagiscono tra di loro e con la componente abiotica. L'equilibrio tra queste interazioni è un equilibrio dinamico. Gli ecosistemi presentano quattro caratteristiche comuni: sono sistemi aperti; sono strutture interconnesse con altri ecosistemi; tendono a raggiungere e a mantenere nel tempo un certo equilibrio dinamico e quindi una particolare stabilità mutevole; sono sempre formati, come si diceva prima, da una componente abiotica e da una componente biotica. La componente abiotica è costituita dagli elementi non viventi, dai componenti organici e inorganici e da fattori climatici. La componente biotica è costituita da organismi animali e vegetali che si possono considerare come appartenenti a tre diverse categorie: i produttori primari (piante, alghe, alcuni batteri, cioè organismi autotrofi), i consumatori (eterotrofi, cioè non in grado di produrre il proprio nutrimento), e i decompositori (per es. funghi e batteri che si cibano decomponendo i tessuti degli organismi morti). Da un altro punto di vista, si distinguono: ecosistemi naturali, cioè quelli che una volta raggiunto l'equilibrio ecologico (climax) hanno una elevata produttività lorda e una produttività netta nulla; ecosistemi artificiali: con una minore produttività lorda e con una produttività netta positiva (quelli agricoli) o negativa (quelli urbani). Infine un ecosistema può essere definito fragile (o poco resiliente) se ha un basso livello di biodiversità (animale, vegetale, ecc.) perché più debole nei casi di stress ambientali (intossicazione, introduzione di specie diverse più aggressive, ecc.) rispetto ad uno a più elevato livello di biodiversità (o più resiliente), il quale è favorito per la sua sopravvivenza e per la quantità di biomassa (vegetale, animale ecc.)
Ora possiamo definire cosa è
l'equilibrio ecologico. L'equilibrio ecologico non è altro che la risultante delle relazioni reciproche instauratesi tra gli organismi viventi e tra questi e l'ambiente naturale. Questo equilibrio è continuamente sottoposto a oscillazioni e a variazioni di qualcuno dei propri componenti, alle quali rispondono reazioni e compensazioni degli altri fattori. In tal modo si verificano fluttuazioni entro limiti che consentono a un sistema biologico di permanere e di caratterizzarsi. Il mantenimento di questo equilibrio è la condizione principale per l'esistenza degli organismi viventi. A volte è sufficiente la variazione anche di uno solo dei fattori ambientali, oltre un dato limite, per provocare (qualora non venga compensata) gravi perturbazioni nel sistema (rottura dell'equilibrio), con possibile estinzione di più specie. Ogni organismo, infatti, raggiunge e mantiene un proprio equilibrio dinamico con l'ambiente, grazie a un particolare livello di specializzazione e alla possibilità di reagire attivamente a ogni variazione ambientale. Qualora sia stato raggiunto un grado estremo di specializzazione, l'organismo perde in gran parte la plasticità adattativa verso le mutate condizioni ambientali e decadrà rapidamente. Un esempio di questo è l'introduzione di animali erbivori voraci, come le capre, che ha provocato la distruzione di intere vegetazioni insulari caratteristiche, mettendo letteralmente a nudo il suolo ed estinguendo di conseguenza la fauna indigena strettamente dipendente da tale tipo di flora. L'uomo si rivela, quindi, come il più attivo elemento di perturbazione di equilibri naturali, anche su vasta scala. In proposito un altro esempio che si può ricordare è la conseguenza della lotta contro gli insetti dannosi alle colture agrarie. Con l'impiego su larghissima scala di antiparassitari chimici, l'uomo provoca la distruzione non solo degli insetti dannosi, ma anche di quelli utili (i parassiti e i predatori di specie nocive, gli impollinatori, ecc.) e di numerosi altri animali superiori con questi in equilibrio dinamico. In tal modo viene distrutto l'equilibrio naturale tra insetti predati e predatori (che si sarebbe potuto utilizzare con un oculato sistema di lotta biologica, favorendo cioè lo sviluppo e l'affermarsi dei nemici naturali) e si favorisce l'instaurarsi di nuovi equilibri non sempre utili all'uomo (per esempio la diffusione delle vipere e di parassiti resistenti agli insetticidi).
Equipaggiamento
(Ma, non si era parlato di un dizionario psicologico? Che c’è di psicologico in “equipaggiamento?)
Gli psicoanalisti Michael e Enid Balint, in un loro lavoro del
1959 introducono due termini, da loro coniati, con riferimento
al greco antico, per rendere conto di due diversi atteggiamenti
di fondo verso il mondo che possono variamente combinarsi nel
comportamento di uno stesso individuo, ma che rimandano a due
modalità radicalmente diverse.
Per rendere più semplice la descrizione gli autori si esprimono
in termini personalizzati e parlano perciò di ocnofilo
e di filobate come di due diversi tipi di individui.
Ocnofilo è colui che desidera tenersi aggrappato, saldamente
attaccato, all’oggetto (nel senso psicoanalitico del termine
che indica, quindi, un’alterità dotata di rilevanza
per il soggetto) (vedi “Investimento”).
L’ocnofilo si sente sicuro in presenza dell’oggetto
e teme, come pericolosi, gli spazi aperti e vuoti. Avverte continuamente
il pericolo di essere abbandonato dal proprio oggetto ed ha, quindi,
il bisogno di controllarlo per garantirsene la vicinanza.
Filobate, al contrario è colui che percepisce gli spazi
vuoti come amici e vi si trova a suo agio. La minaccia sono i
“contatti-rischio con oggetti potenzialmente pericolosi”.
“Mentre l’ocnofilo vive nell’illusione di
essere al sicuro per tutto il tempo in cui rimane in contatto
con un oggetto che gli da sicurezza, l’illusione del filobate
è di non aver bisogno di nessun oggetto, e certamente di
non aver bisogno di oggetti particolari, fatta eccezione per la
propria attrezzatura specifica. L’ocnofilo crede fermamente
che nascerà senz’altro un’intesa perfetta con
l’oggetto prescelto, che questo lo proteggerà dal
mondo cattivo, estraneo e forse pericoloso; il filobate sente
che l’uso della propria attrezzatura gli permetterà
di affrontare qualunque situazione; nascerà un’intesa
con il mondo intero, e lui sarà in grado di evitare gli
oggetti infidi. Mentre l’ocnofilo deve sperare di poter
ottenere il favore e la preferenza da parte dell’oggetto,
il filobate sente che conquistare il mondo è in suo potere,
senza dover dipendere dai favori dei singoli oggetti, che danno
poco affidamento”
Il filobate, come l’acrobata, desidera staccarsi dalla terra
sicura (letteralmente acrobata significa “chi cammina sulle
punte dei piedi”, cioè lontano dalla terra sicura)
e avventurarsi nello spazio vuoto.
Nello spazio vuoto l’incontro con gli oggetti costituisce
un rischio. Gli autori propongono gli esempi del pilota che si
sente al sicuro mentre è in volo e per il quale il rischio
risiede nel contatto con la terra. Lo stesso vale per il timoniere
di una barca che deve porre attenzione nella navigazione quando
entra o esce da un porto. O anche lo sciatore, per il quale gli
oggetti-rischio possono essere i massi emergenti dalla neve, gli
alberi, i crepacci.
Andare in montagna si costituisce, evidentemente, come un’attività
prevalentemente filobatica.
Ora, dicono ancora gli autori, il filobate nel suo desiderio di
esporsi a situazioni-brivido, caratterizzate dal volontario allontanarsi
dalla sicurezza offerta dallo stare con i piedi per terra, fa
affidamento esclusivamente sulle sue competenze e capacità
e sul suo equipaggiamento. Vale a dire su ciò che gli è
necessario e sufficiente per collocarsi negli spazi aperti con
la fiducia di potervi stare a proprio agio.
Ecco allora che l’equipaggiamento assume rilievo particolare;
è lo strumento che garantisce al filobate la possibilità
di staccarsi dalla sicurezza dell’appoggio a terra e collocarsi
senza danno negli spazi aperti.
L’escursionista sa bene quanto l’opportuno equipaggiamento
sia importante e quanto una dotazione anche minima, come può
essere un paio di calzature da montagna, faccia una grande differenza
in certe condizioni (per esempio un percorso in pendenza e fangoso).
E l’attenzione all’equipaggiamento diventa un terreno
che consente di mettere in evidenza alcune “patologie di
equipaggiamento”.
Per esempio la tendenza a sviluppare un atteggiamento maniacale
nei confronti dell’attrezzatura che deve sempre essere quella
all’avanguardia, quella di migliore qualità e così
via. Quasi che questo potesse essere, di per sé magica
garanzia della possibilità di cavarsela in ogni circostanza.
Oppure la disposizione, nonostante si sappia bene cosa occorrerebbe
portare con sé, a lasciare sempre a casa qualcosa che sarebbe
opportuno avere nello zaino. In una sorta di fiduciosa aspettativa
che qualche santo provvederà; come se si potesse pensare
che sarà di sicuro il gruppo, nel suo complesso, ad essere
dotato della necessaria autosufficienza, piuttosto che ogni singolo
individuo (vedi “Abbigliamento”).
Ma vediamo in concreto qualche elemento dell’equipaggiamento
dell’escursionista.
La mantella, per esempio.
Capo d’abbigliamento protettivo indispensabile in caso di
pioggia (evento atmosferico non infrequente che può trasformare
una piacevole scarpinata in una penosa marcia paragonabile alla
ritirata dal fronte dopo Caporetto). Ha la funzione (impermeabilizzante)
di proteggere persone e relativi carichi (leggi zaini) dalla (suddetta)
pioggia, in modo assai efficace, componendo spesso figure alquanto
grottesche.
Escursione-escursionismo
Escursione viene dal verbo latino excurrere = correre fuori.
Sicuramente correre fuori dai percorsi abituali. Fuori dalle strade
asfaltate, dalle vie lastricate, dalle superfici pavimentate dei
luoghi dove si svolge la vita quotidianamente; per spingere il
piede su terreni più incerti e accidentati, su mulattiere,
sentieri o magari su terreno aperto senza tracce di precedente
passaggio; in ambienti altri (vedi “Wilderness”).
Ma anche fuori dall’esperienza della vita quotidiana, dalle
occupazioni o disoccupazioni abituali, per dedicarsi ad altro.
E fuori dalla rete di relazioni di ogni giorno, o dall’assenza
di una rete relazionale, per entrare in un diverso contesto di
rapporti (vedi: appartenenza).
Correre fuori per guadagnare un diverso punto di vista sul mondo
fisico, ma anche sul mondo dell’esperienza, come si esprime
Ugo Foscolo nelle “Ultime Lettere di Jacopo Ortis”:
sono salito su la montagna più alta: i venti imperversavano;
io vedevo le querce ondeggiar sotto a’ miei piedi; la selva
fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi
dell’erta sedeano le nuvole…Nella terribile maestà
della natura la mia anima attonita e sbalordita ha dimenticati
i suoi mali, ed è tornata per alcun poco in pace con sé
medesima.
Nell’escursionismo è sempre importante cercare di
capire con quale tempo si parte e con quale tempo si arriverà:
in quota la temperatura e le condizioni atmosferiche possono cambiare
all’improvviso.
Consultare il percorso riportato sulla cartina per informarsi
su quali difficoltà si va incontro: per esempio sapere
quale è il dislivello da superare. Oppure vedere se lungo
il percorso c’è qualche fonte con acqua, o controllare
se il sentiero passa dentro al bosco, se ci sono dei tratti esposti
o ci sono delle rocce da superare o se c’è un riparo
da poter usare.
Bisogna essere preparati fisicamente per sostenere gli sforzi
che la montagna richiede, e tenere ben presenti i propri limiti.
E’ importante fare pieno affidamento sui compagni di esperienza,
anche nell’emergenza.
Equipaggiarsi sempre al meglio, al limite anche con un telefono
satellitare.
E’ bene mettersi in marcia di buon ora per avere più
ore di luce a disposizione.
Avvisare amici e parenti sul percorso che si vuole fare e sull’eventuale
ora di rientro.
I pericoli più frequenti sono la caduta di pietre e i fulmini.
Evitate o attraversate velocemente zone sovrastate da rocce e pietraie. In caso di caduta di pietre usare
lo zaino per ripararsi il capo. In caso di temporale liberarsi
di tutti gli oggetti metallici, allontanarsi da alberi e pareti
verticali bagnate, cercare un riparo se possibile col terreno
asciutto.
L’escursione, più poeticamente …
è un correre fuori per poi tornare dentro; sapendo che
si potrà ancora correre fuori.
Noi pensiamo che questa possibilità di posizionarsi diversamente
nel mondo, questa dialettica tra uscire e rientrare, questa possibilità
di pensare da fuori alla vita dentro e, viceversa, ricordare da
dentro cosa si è provato stando fuori, sia un elemento
dotato di potenzialità evolutiva per le persone e, quindi,
un aspetto fondamentale di una “escursione”.
Per riassumere… piccole note di comportamento
in montagna.
Prima di tutto, non affrontare percorsi troppo impegnativi: muoversi
sempre in base alle proprie possibilità e capacità.
Se possibile, informare sempre qualcuno sull’ itinerario
prima della partenza. Non cambiare destinazione. Seguire i sentieri
ed evitare di prendere delle scorciatoie che possono portare troppo
fuori percorso. Portare il telefono cellulare, meglio se satellitare,
perché molte zone di montagna possono essere non coperte
dal segnale telefonico. Partire da soli solo se si conosce bene
il percorso o se si è escursionisti esperti. In montagna
il tempo può cambiare rapidamente: portare sempre, anche
durante una giornata estiva, un indumento pesante e una giacca
a vento impermeabile, anche leggera. Usare delle scarpe comode:
se si cammina lungo mulattiere o sentieri ben tracciati e tenuti
anche un paio di scarpe da ginnastica, con suola scolpita, possono
bastare; se si esce dai sentieri o ci si muove in alta montagna
sono indispensabili degli scarponcini. Non dimenticare un cappello
e degli occhiali da sole anche se la giornata è nuvolosa.
Portarsi sempre da bere. Usare uno zaino comodo ed evitare di
caricarsi troppo. Informarsi sul percorso da seguire e, possibilmente,
utilizzare una cartina topografica.
Il buon escursionista non lascia tracce del proprio passaggio.
Bisogna essere rispettosi dell'ambiente che ci circonda: cercate
di non uscire dai sentieri, non fare schiamazzi, non disturbare
gli animali, non raccogliere mazzi di fiori. Inoltre rispettare
la proprietà privata: bisogna infatti ricordasi che anche
i terreni all'interno dei Parchi sono in maggioranza di proprietà
privata, i pascoli vengono irrigati e concimati, i boschi consortili
sono regolarmente curati. Non accendere fuochi.
Esperto
Un esperto, è una persona alla quale, per motivo di professione oppure per una comunque acquisita competenza ed esperienza su una data materia, viene richiesto di fornire pareri su determinati argomenti. In generale la definizione di esperto è stabilita dal consenso degli altri specialisti e non è necessario per un individuo avere qualifiche professionali o accademiche per essere definito un esperto. Si è soliti chiamare esperto anche una persona che abbia saputo trarre profitto dalle sue od altrui vicissitudini personali, migliorando così le sue capacità di decisione. Le principali qualità degli esperti sembrano essere il notevole sviluppo delle abilità percettivo-attentive, la capacità di semplificare, quella di selezionare le situazioni dal punto di vista decisionale, una maggior creatività, il ricorso ad automatismi cognitivi, la capacità di reagire velocemente ad automatismi negativi rispetto alle proprie strategie. Tra gli ostacoli che impediscono un valido processo di soluzione dei problemi (cioè il formarsi dell'esperto) possiamo riconoscere l'indecisione, l'abitudine (vale a dire la persistenza di una disposizione abituale verso una soluzione che magari è stata valida un tempo, ma non lo è più attualmente), l'incapacità di scorgere alternative. Nel nostro caso la persona esperta è colui che ha avuto, nel tempo, la capacità di apprendere, sviluppare e porre in atto una serie di strategie positive che riguardano il rapporto con la montagna e il rapporto con le persone, il rapporto con il camminare e il rapporto con gli impedimenti all'andare, il rapporto con l'essere normali e quello con l'essere una persona con qualche disabilità, il rapporto tra il poter fare e la conoscenza dei limiti.
Esplorazione
E’ un comportamento volto ad acquisire informazioni sulle
caratteristiche di un ambiente, un’indagine condotta in
luoghi sconosciuti. Attraverso l’esplorazione le persomne
acquisiscono le informazioni sull’ambiente memorizzando
anche sensazioni di varia naturae possono utilizzare le informazioni
apprese in occasioni successive.
E’ l’essere curiosi.
Si può percorrere un paese che non si conosce per prenderne
coscienza o per cercare di conoscerlo.
E’ una forza che ti spinge ad investigare, a scoprire. Esisterebbe,
infatti, una pulsione di esplorazione che si ridurrebbe progressivamente
quando l’individuo ha immagazzinato le informazioni sull’oggetto
o sull’ambiente esplorato.