Abbigliamento
E’ tutto ciò che serve
per vestirsi.
Già. Ma in quale contesto o ambiente? Per frequentare la
montagna bisogna imparare, o re-imparare a vestirsi.
A vestirsi e a dotarsi degli indumenti che possono essere utili
durante un’uscita; con buona pace degli accompagnatori di
escursionismo che, nonostante si producano in accurati elenchi di
quanto è necessario portare, si ritrovano continuamente,
nei gruppi che accompagnano, con persone a cui manca qualcosa che
sarebbe utile e, a volte, indispensabile.
Più ci allontaniamo dall’ambiente medio della quotidianità urbana, più si fa sentire la necessità di un abbigliamento idoneo; capace anche di renderci preparati a quelle mutazioni impreviste delle condizioni atmosferiche che, se in città non costituiscono un problema e trovano facile soluzione, in montagna ci confrontano più direttamente e severamente con gli elementi.
Siamo dunque obbligati a riconoscere la nostra fragilità e la dipendenza dall’equipaggiamento appropriato, di cui l’abbigliamento è il primo aspetto.
E’ possibile che non si sia troppo disposti a questo riconoscimento e a questa ammissione; anche perché i capi di abbigliamento ingombrano e pesano nello zaino e sulle nostre spalle.
Ambivalenza, quindi, che, forse in parte spiega perché le sagge istruzioni degli accompagnatori rimangano così spesso inascoltate.
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Accettazione
L'accettazione è come un processo alchemico, che trasforma qualsiasi cosa. Bisogna accettare qualunque cosa sia.
Da dove proviene la negazione, il rifiuto?
E' frutto di un ideale presente dentro di voi, su come le cose dovrebbero essere.
Non potete accettare la vostra stupidità perché pensate di dover essere saggi.
Non potete accettare la vostra pazzia perché pensate di dover essere sani.
Non potete accettare nulla perché il vostro ideale è il contrario.
Nell'accettazione si devono lasciare andare tutti gli ideali.
Solo quando non siete più alla ricerca della saggezza, potete accettare la vostra stupidità.
Ma accettando la stupidità si diventa saggi.
Questo è il segreto. Nell'accettare la vostra bruttezza affiora la bellezza.
(OSHO)
Acclimatazione
La permanenza oltre i 2000 metri d’altitudine comporta delle modificazioni fisiologiche nell’organismo, definite come “acclimatazione d’alta quota”. Queste variazioni sono legate alla progressiva riduzione della pressione dei gas dell’atmosfera, a mano a mano che si sale di quota, che influiscono sull’apparato respiratorio. La presenza di una minore concentrazione d’ossigeno (ipossia) in alta montagna, è compensata da un incremento della profondità del respiro e della frequenza respiratoria (iperventilazione). La comparsa di un lieve stato di affanno respiratorio (anche in assenza di uno sforzo fisico) è una condizione pressoché normale; l’iperventilazione diminuisce nel giro di qualche giorno per il fenomeno dell’adattamento.
Anche l’apparato cardiocircolatorio, come risposta all’ipossia, aumenta la frequenza dei battiti cardiaci e il volume di sangue pompato (portata cardiaca). Questo meccanismo di compenso, fornisce una maggiore quantità di sangue ossigenato ai tessuti periferici. L’aumento della portata cardiaca si riduce nei giorni seguenti senza tornare, però, agli stessi valori presenti a livello del mare. Nei primi giorni abbiamo anche un aumento dei globuli rossi legato alla stimolazione della milza.
Nei soggetti sani il passaggio ad una quota più alta è quindi accompagnato da modeste modificazioni funzionali, come palpitazioni, stanchezza e un lieve affanno. Nel giro di alcuni giorni il processo di acclimatazione consente un graduale ritorno dell’organismo ad una condizione di normalità.
Per quanto sopra esposto,quindi, una quota superiore ai 2000 m. sarebbe da sconsigliare ai soggetti cardio-vasculopatici, soprattutto se scompensati, ai soggetti portatori di valvole cardiache artificiali, a tutti i soggetti sofferenti di broncopneumopatie croniche ostruttive, specie se complicate da accessi asmatici, a tutti gli ipertesi cronici, specie con valori minimi superiori ai 100 mm/hg.
Accoglienza-accoglimento
Accogliere deriva dal latino colligere, che significa raccogliere, raccogliere presso di sé. Accogliere, far posto all'altro, sono parole che ricordano il processo affettivo, mentale e fisico di una trasformazione, di una dilatazione di sé a favore dell'altro. Accogliere come rito di passaggio: si diventa soglia per l'altrui passaggio. Accogliere significa accettare, approvare, acconsentire, comprendere, con manifestazioni di affetto. Accogliere significa saper ascoltare. Accogliere significa educare ed imparare. E’ il sentirsi parte di un gruppo, appartenere a quel gruppo. Quando si entra la prima volta, durante una uscita o una preparazione dell’uscita in città; in quei momenti si capisce che si andrà a fare qualcosa di diverso dalle solite attività dei Centri Diurni o delle Comunità Terapeutiche. Non ci sarà la ASL a proteggere…! Forse il rifugio, dove il gestore può preparare qualcosa di caldo da mangiare o bere e dove quando fa freddo c’è la stufa accesa. Anche i vestiti caldi e protettivi in inverno è come se ti proteggessero. A volte si può essere protetti da un igloo fatto da noi stessi; e si può ospitare qualcuno in difficoltà se viene sorpreso dal cattivo tempo o dal buio. La tenda è un luogo anch’esso accogliente. Nel gruppo, prima si è accolti; dopo si può accogliere i nuovi entrati.
Acqua
Si beve e disseta più di ogni altra bevanda quando hai veramente
sete. Purtroppo se fa troppo freddo si ghiaccia e non puoi berla;
allora devi coprire la borraccia con un contenitore isolante e devi
metterla ben dentro lo zaino; ma questo avviene molti gradi sotto
lo zero.
L’acqua ti bagna e a volte ti entra fin dentro i pantaloni
…! Ma ci si può proteggere con giacche a vento impermeabili
di “gore-tex”, o altri tessuti.
L’acqua che scende in montagna durante o dopo un temporale
può far cadere le pietre e far crollare il sentiero, o trasformarsi
in neve o grandine se fa freddo; anzi spesso è la grandine
che fa abbassare di molto il termometro.
L’acqua è bellissima quando la guardi cadere dalle
cascate contro il sole; nei torrenti limpidi; nei laghi che rispecchiano
le cime; nei ghiacciai e nei seracchi che a volte crollano con rumore
e sbuffi di ghiaccio polverizzato…
L’acqua va usata anche per lavarsi la mattina al rifugio anche
se è fredda; e con l’acqua si inzuppa il fazzoletto
o il berretto di cotone quando il sole picchia allo zenit.
Adattamento
Per adattamento si intende l'adeguamento di un organismo, una specie o di un sistema ambientale al modificarsi delle condizioni esterne. Questo adeguamento avviene grazie alla facoltà che gli organismi viventi hanno di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, che consente loro di adattarsi alle condizioni dell'ambiente nel quale vivono. L'adattamento può aumentare l'efficienza nel procurarsi o utilizzare le risorse fondamentali quali aria, luce, acqua e nutrimento; permettere di sopportare determinate condizioni fisiche difficili come basse o elevate temperature e l'assenza di luce, o aumentare la capacità di difendersi da un " predatore". La flessibilità con cui ciascuno di noi rispondere adeguatamente agli stimoli esterni è un importante indice per valutare la nostra capacità di adattamento. L'a. è un processo continuo attraverso cui cerchiamo di stabilire una condizione di equilibrio con il nostro ambiente, inteso come tutto ciò che ci sta attorno e fa parte della nostra vita.
Ci sono due modalità attraverso cui avviene il processo di adattamento:
- modalità alloplastica: l'individuo modifica l'ambiente circostante al fine di adattarvisi
- autoplastica: l'individuo modifica sé stesso al fine di adattarsi all'ambiente.
Va osservato che non si tratta di due modalità alternative di adattamento, ma di due processi mutuamente integrati e interdipendenti. Alla sua base, secondo un modello proposto dallo psicologo svizzero Jean Piaget, esisterebbero i due processi di assimilazione e di accomodamento, attraverso i quali gli schemi mentali vengono arricchiti mediante l'incorporazione degli apporti provenienti dall'ambiente e continuamente modificati per far fronte alle nuove necessità che si presentano. L'adattamento viene così inteso in termini di equilibrio tra l'individuo e l'ambiente. Un adattamento inadeguato viene indicato come disadattamento e può condurre a delle turbe di comportamento.
Infine, se si vuole parlare di "sviluppo" di una civiltà dobbiamo parlare di capacità di adattamento al mutare delle condizioni di vita e dei fattori ambientali. Questa capacità, innata in ogni essere umano, permette a una civiltà di svilupparsi più o meno in fretta, e quindi di modificarsi, anche in relazione agli scambi che possono avvenire tra popoli e/o società anche lontani. Si potrebbe aggiungere che i popoli le cui civiltà hanno "camminato" più lentamente sono quelli vissuti nell'isolamento, con pochi contatti con i popoli più evoluti e/o vicini.
Come ultima cosa, attualmente è logico pensare che, in tema di sviluppo sostenibile, assume priorità la questione dell'adattamento ai cambiamenti climatici globali ed ai relativi riflessi locali.
Alimentazione
L'alimentazione è l'assunzione, da parte di un organismo
vivente, delle sostanze indispensabili per il suo metabolismo e
le sue funzioni vitali. In generale, è un modo per la fornitura
di elementi indispensabili per il funzionamento di un apparato biologico
o meccanico
Le sostanze nutritive vengono prelevate dall'ambiente esterno. Gli
organismi viventi possono essere suddivisi in due categorie:
• Autotrofi (vegetali): assorbono dall'ambiente sostanze inorganiche
semplici
• Eterotrofi (animali, tra cui l'uomo): devono assumere dall'ambiente
molecole organiche
QUALI SONO I TIPI DI ALIMENTAZIONE DELL’ESCURSIONISTA
NELL’ARCO
DEL GIORNO?
La dieta deve essere composta da 65% di carboidrati, 25% di grassi,
10% di proteine. Con il freddo il fabbisogno aumenta del 20%.
Mattina: Crackers con marmellata di arance, succo di frutta o cacao
(1/4 di latte)
Pasto: ma meglio diluire l’alimentazione nella giornata. Gli
alimenti dovrebbero essere divisi in piccole dosi. Tenere presente
che le proteine vegetali sono più digeribili (carote, finocchi,
rape bianche, lattuga, ravanelli). Introdurre gli zuccheri tramite
la frutta (mele e mandaranci), frutta secca o disidratata (noci,
uvetta, mandorle, ananas nocciole, non salati).
Se la temperatura è più bassa si possono mangiare
uova sode o a frittata, parmigiano fresco.
Tutto il giorno crackers integrali non salati.
E’ importante introdurre acqua minerale unita a poco vino.
Il cibo “giusto” mantiene sani e belli,
contrasta l'ossidazione dei tessuti, proteggendo l’organismo
dall'attacco dei radicali liberi, le sostanze che accelerano l’invecchiamento
e sono responsabili di gravi patologie. Cibi ricchi di antiossidanti
sono: arancia, cicoria, cipolla, broccolo, aglio, spinaci, cavoli,
carote, pomodori, zucche, agrumi, kiwi, avocado, uva, papaia, lievito
di birra. Pistacchi, nocciole, noci, mandorle, sesamo hanno un contenuto
equilibrato in grassi monoinsaturi e polinsaturi, vitamina E, nonché
un insieme di sostanze che stimolano la produzione del coenzima
Q10, conosciuto nel mondo della cosmetica come "l'enzima della
bellezza".
E’ fondamentale l’assunzione di acqua che, anche se
non contiene sostanze nutrienti, è importante per mantenerci
in vita. Bisognerebbe bere almeno 2 lt di acqua povera di sodio
e con un residuo fisso basso. L’acqua costituisce il 60% del
nostro corpo.
I sette gruppi di alimenti
• Latte e derivati
• Carni, pesci, uova, salumi
• Cereali e tuberi
• Legumi
• Grassi da condimento
• Ortaggi (con diverso contenuto in vitamina A e C)
• Frutta (con diverso contenuto in vitamina A e C)
SCHEMA: Le principali fonti alimentari di vitamine
Vitamina A (Retinolo) e Betacarotene:
ortaggi verdi e gialli (carote, spinaci, broccoletti, piselli, peperoni,
prezzemolo, zucca), uova, burro, oli di fegato di pesce, banane,
albicocche, ciliege
Vitamina B1 (Tiamina)
cereali integrali, fegato, carne di maiale, fagioli, noci e nocciole,
lenticchie, orzo, lievito di birra, soia
Vitamina B2 (Riboflavina)
lievito di birra, fegato, noci, nocciole, orzo, piselli, fagioli,
uova, latte
Vitamina B3 (Niacina) o VITAMINA PP
lievito di birra, fegato, rognone, cereali integrali, germe di grano,
pesce, pollame, noci, nocciole
Vitamina B5 (Acido Pantotenico)
fegato, pappa reale, germe di grano, rognone, cuore, lievito di
birra, semi di girasole, tuorlo d'uovo
Vitamina B6 (Piridossina)
carne, cereali integrali, lievito di birra, vegetali verdi, germe
di grano, semi di girasole, grano saraceno, banane
Vitamina B7 (Inositolo)
cereali integrali, agrumi, lievito di birra, fegato
Vitamina B12 (Cianocobalamina)
fegato, rognone, carne, pesce, latte
PABA (Acido Paraminobenzoico)
fegato, lievito di birra, germe di grano, albicocche, arachidi
Vitamina C (Acido Ascorbico)
agrumi, kiwi, peperoni, prezzemolo, patate, pomodoro, cardo, frutta
fresca in generale e la maggior parte delle verdure
Vitamina D (Calciferolo)
tuorlo d'uovo, pesce, olio di fegato di pesce, avena, burro, mitili,
tonno e salmone, mandorle, ribes
Vitamina E (Alfatocoferolo)
la maggior parte degli oli vegetali, germe di grano, quasi tutti
i semi, uova, vegetali verdi, fegato, latte, noci, noccioline, leguminose
e cereali integrali
Alpinismo
L’alpinismo potremmo definirlo come un andar
per montagne. E’ una disciplina sportiva il cui scopo
è raggiungere la vetta di una montagna. Le difficoltà
incontrate nell'alpinismo sono soprattutto legate all'ambiente (es.
altitudine, presenza di ghiaccio, esposizione alla variazioni meteorologiche,
lontananza da luoghi abitati). L’alpinismo, quindi, oltre
ad una adeguata preparazione fisica, richiede una particolare conoscenza
dell'ambiente di montagna.
Vagare per montagne è un piacere molto semplice che associa
l'impegno fisico alla possibilità di guardare in giro e di
scoprire nuovi orizzonti. L’ impegno, va commisurato alle
proprie capacità psichiche e fisiche. E’ importante
avere sviluppato un alto grado di sopportazione alla fatica.
Si può andare in gruppo, soli, oppure godere della simpatica
compagnia delle guide, che la sanno sempre lunga sulla montagna
e sulle sue storie. L'esercizio della marcia in montagna è
uno dei più fisiologici e dei più allenanti: in salita
l'impegno è principalmente aerobico e cardiovascolare, in
discesa domina invece l'aspetto del controllo neuromotorio,
quindi la precisione e la coordinazione nell'esecuzione del movimento.
Nell'alpinismo sono presenti vari aspetti dell'animo e della condizione
umani; spesso vi è un grande desiderio di esplorazione e
di conoscenza, oppure il piacere puramente estetico di godersi una
gran bella vista, o ancora il fatto di volersi estraniare dalla
folla, allontanarsi per così dire dalla vita comune e starsene
per proprio conto. Vi può essere anche una forte propensione
al misurarsi con difficoltà di grado variabile, più
o meno commisurate alle proprie forze (e per alcuni con la motivazione
ferrea di ricercare condizioni particolarmente impegnative, estreme)
.
Ambivalenza – bivalenza (e montagna)
Desiderare qualcosa e, allo stesso tempo, detestarla
o desiderare ciò che potrebbe essere il suo contrario.
L’ambivalenza si incontra spesso sui sentieri di montagna.
Per esempio quando l’ardente desiderio di raggiungere una
meta, magari da tempo vagheggiata, sembra sopraffatto da una disposizione
meno eroica che ci induce a chiederci se sia davvero il caso di
sottoporsi a tanta fatica, sopportando condizioni meteorologiche
eventualmente avverse e ci obbliga a prendere in seria considerazione
più facili mete di fondovalle (un prato con una fonte, un
ristorante…).
Ma l’ambivalenza è anche compagna dei momenti che precedono
l’azione, come quando, il giorno prima di un’escursione,
l’attesa per l’avventura che ci aspetta si alterna con
la consapevolezza disturbante di una inevitabile levataccia e la
prospettiva di una meta agognata si intreccia con il timore che
sia superiore alle nostre capacità e possibilità,
che forse stiamo osando troppo, chissà se ce la faremo ecc.
Un mio amico, la notte che precede un’uscita in montagna,
spesso dorme male e, in qualche occasione, gli è capitato
di avere la febbre.
Dobbiamo ad un collega, Vincenzo Carbone, Educatore Professionale,
una interessante puntualizzazione su questo argomento che richiama
il pensiero di un famoso psicologo russo, Vygotskij. Egli fa notare
come l’attraversamento dell’ambivalenza sia un fattore
indispensabile dello sviluppo umano. Sempre, infatti, la prospettiva
di ampliare i confini delle nostre capacità si accompagna
all’inevitabile timore (o angoscia) di non riuscire e di doverci
confrontare duramente con l’esperienza del fallimento. E sempre
l’impegno a procedere su un percorso di apprendimento e sperimentazione
del nuovo, si intreccia con il rancore suscitato dal trovarsi posti
in una condizione che minaccia il nostro attuale senso di competenza
e in definitiva di autostima e identità.
L’ambivalenza sembra quindi un attraversamento necessario
e inevitabile; semmai un problema è costituito dalla pretesa
di evitarla o risolverla eliminando uno dei termini e aderendo totalmente
solo all’altro.
A settembre 2004 ci trovavamo, con il nostro gruppo escursionistico,
a Pescasseroli, per un soggiorno di alcuni giorni. Si era all’ultimo
giorno e, considerate le favorevoli condizioni meteorologiche e
il grado di allenamento raggiunto dal gruppo, avevamo pensato, come
si dice, di chiudere in bellezza con la salita ad una vicina vetta.
Ciò comportava un percorso leggermente più impegnativo
di quelli seguiti nei giorni precedenti.
Questa proposta trovò il gruppo tutt’ altro che entusiasta
e anzi tendenzialmente scettico. Chi diceva che ci si era già
stancati molto nei giorni precedenti; chi riteneva che essendo l’ultimo
giorno era meglio rimanere tranquilli in paese in vista del rientro
a Roma; chi si dichiarava disposto a sopportare una breve passeggiata,
ma nulla di più.
Convenimmo di metterci in cammino e procedere fin quando e fin dove
ci saremmo sentiti e vedendo, mano a mano, dove arrivare. Fu così
che, attraverso l’incoraggiante raggiungimento di tappe intermedie
e nonostante alcune difficoltà di orientamento, si raggiunse
una panoramica radura dalla quale un piccolo manipolo, in rappresentanza
di tutti, salì alla vetta, di poco soprastante con evidente
soddisfazione del gruppo intero.
Apotropaico e (rito apotropaico)
Apotropaico deriva dal greco "apò" + "trepò" che significa "allontanato da". E' solitamente attribuito ad in qualcosa, inanimata o animata, ad un rito, ad una preghiera, ad un gesto, o a una formula, capaci di allontanare e di annullare influssi negativi e/o maligni.
In psichiatria, come nei racconti e nelle favole, si trovano simboli apotropaiaci, che rappresentano il bisogno di prendere le distanze da qualcosa, consciamente o inconsciamente. Il significato psicologico rimanda a meccanismi "di fuga" da un pericolo eventuale o di "rimozione" di eventi traumatizzanti.
Tra gli oggetti si possono ricono0scere pietre particolari, figure di animali, mostri, maschere.
Tra i riti, quelli che venivano riservati ai generali degli antichi romani in trionfo.
Tra le preghiere e le formule, troviamo tutta una letteratura che si avvicina molto alla magia. , Tra gli atti e i gesti, per esempio quello di mostrare l'indice e il mignolo, che deriverebbe dall'uso che le donne romane avevano di mettersi un anello a quelle dita. Un altro gesto molto conosciuto è quello di toccare ferro, o appendere un ferro di cavallo fuori dalla porta per allontanare le negatività. Questo deriverebbe da una leggenda legata ad un santo, san Dunstano, che riuscì a bloccare il diavolo inchiodandolo a terra con dei chiodi per i ferri da cavallo, avendo così da lui, in cambio della liberazione, la promessa di non entrare più in un luogo dove ci fosse un ferro di cavallo.
Ah, a proposito: il ferro di cavallo andrebbe appeso, inchiodato ( ma non bloccato) con i bracci verso l'alto, con un numero dispari di chiodi arrugginiti.
In montagnaterapia, un rito apotropaico potrebbe essere quello della "costruzione" dello zaino, che porta con sé il significato dello stare bene, di non aver bisogno di altro, di avere tutto, senza alcun problema per la permanenza in ambienti a volte difficili. Un rito esorcizzante, che annulla tutto quello che di brutto e di male abbiamo dentro e fuori di noi.
Appartenenza (- separazione)
Di recente un giovane partecipante al gruppo di escursionismo
diceva: “Quando ricevo le riviste del Club Alpino sono contento.
Mi sento fiero e orgoglioso di far parte di questa associazione”
e subito dopo chiedeva quando avrebbe avuto anche lui quella bella
tessera in pelle, testimonianza ostensibile dell’appartenenza
di ciascun socio al sodalizio.
Frequentare la montagna, praticare l’escursionismo vuol dire
entrare a far parte di un gruppo, di una comunità. Intanto
il gruppo del Servizio; ma anche la comunità di tutti i gruppi
che presso diversi Servizi frequentano la montagna (una comunità
che, come sappiamo, a volte prende corpo anche fisicamente. Ci riferiamo
alle esperienze allargate che, in questi anni, abbiamo più
volte proposto). Ad un livello subito successivo, la comunità
degli appartenenti ad una certa associazione; ma, infine, la comunità
allargata di tutti gli uomini che frequentano la montagna e che
per questo si riconoscono tra loro come simili e si salutano, incontrandosi
lungo i sentieri anche se non si conoscono.
Seguendo il pensiero dello psicoanalista Franco Fornari e ricordando
il concetto da lui proposto di “coinonia” (esperienza
di accomunamento), posiamo pensare che l’interesse, la passione
per la montagna ed il desiderio di percorrerla costituiscono l’elemento
che rende tanti diversi individui, simili tra loro e perciò
membri di un gruppo e appartenenti ad una comunità. Un altro
importante psicoanalista, Heinz Khout, ha, d’altra parte,
messo in evidenza come la possibilità di appartenenza ad
un gruppo è, in definitiva, per ciascuno di noi, possibilità
di sentirsi appartenenti al mondo degli uomini, possibilità
di sentirsi uomo tra gli uomini.
Ciò ha tanto più valore se pensiamo alle condizioni
che caratterizzano l’esistenza delle persone portatrici di
“disturbi mentali” per le quali la dinamica intrinseca
della malattia, ma, forse ancor più il modo in cui essa trova
risposta nel contesto sociale, conducono a marginalità, isolamento,
mancanza di appartenenza appunto.
Arcobaleno
L'arcobaleno è un fenomeno ottico e meteorologico che produce
uno spettro continuo di luce nel cielo quando il Sole si riflette
sulle gocce rimaste in sospensione dopo un temporale, o presso una
cascata o una fontana.
Visivamente è un arco multicolore; la sequenza completa dei
colori è: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco
e violetto. Esso è la conseguenza della dispersione e dalla
rifrazione della luce solare contro le pareti delle gocce stesse.
In rari casi, può formarsi un arcobaleno lunare, o notturno
(moonbow), che può essere visto nelle notti di forte luce
lunare. Ma, siccome la percezione umana dei colori in condizioni
di poca luminosità è scarsa, gli arcobaleni lunari
sono percepiti come bianchi.
L'aspetto di un arcobaleno è provocato dalla dispersione
ottica della luce solare che attraversa le goccie di pioggia. La
luce viene prima rifratta quando entra nella superficie della goccia,
riflessa sul retro della goccia e ancora rifratta come lascia la
goccia. Tutte le goccie di pioggia rifraggono la luce solare nello
stesso modo, ma solo la luce di alcune di esse raggiunge l'occhio
dell'osservatore. Questa luce è quella che costituisce l'arcobaleno
per quel determinato osservatore.
La posizione di un arcobaleno nel cielo è sempre dalla parte
opposta rispetto al sole, e l'interno è sempre leggermente
più luminoso dell'esterno
L'arcobaleno ha un posto nelle leggende a causa
della sua bellezza ed alla difficoltà di spiegare il fenomeno:
• Nella Genesi 9:13, l'arcobaleno è un segno dell'unione
tra Dio e l'umanità. Dopo che Noè sopravvive al diluvio
universale nella storia dell'Arca di Noè, Dio invia un arcobaleno
per promettere che non avrebbe mai più inviato un tale diluvio
per distruggere la terra.
• Nella mitologia greca, si tratta di un sentiero fatto da
un messaggero (Iris) tra terra e paradiso.
• Il nascondiglio segreto del folletto (leprechaun) Irlandese
col suo pentolone pieno d'oro è generalmente alla fine di
un arcobaleno.
• Nella mitologia cinese, l'arcobaleno era una spaccatura
nel cielo sigillata dalla dea Nüwa con pietre di sette colori
differenti.
• Nella mitologia Hindù, l'arcobaleno è chiamato
Indradhanush, l'arco di Indra, il dio del fulmine e del tuono.
Arrampicata
L'arrampicata è una disciplina sportiva caratterizzata sia da un aspetto fisico motorio che da una importante componente psicologica. Può essere definita come la salita di un ostacolo, sia esso una parete rocciosa, naturale espressione e terreno preferito su cui l'arrampicata si è sviluppata in tutte le sue forme, sia esso un pannello artificiale o una qualsiasi struttura urbana.
Si distinguono diverse specialità di arrampicata in funzione del ambito in cui essa si svolge:
- Su roccia - che si svolge risalendo pareti rocciose in ambiente naturale (falesie)
- Su ghiaccio - che si svolge risalendo ghiacciai e/o cascate gelate
- Arrampicata su terreno misto
- Su pannelli artificiali, e in tal caso si parla di arrampicata in palestra o arrampicata indoor.
L'arrampicata può essere distinta in libera o in artificiale, per sottolineare la differenza tra le due pratiche che si attuano con l'utilizzo di aiuti artificiali o meno per compiere la scalata. Per arrampicata libera (o Free Climbing) si intende lo stile di arrampicata nel quale l'arrampicatore affronta la progressione con il solo utilizzo del corpo: mani nude, piedi (normalmente con le scarpette), ma anche appoggiando e incastrando il corpo intero o sue parti. Questo non esclude a priori l'utilizzo di attrezzatura, come la corda, l'imbrago, il discensore, i moschettoni, i nuts, i friends e i rinvii, ma questo equipaggiamento è usato esclusivamente per l'assicurazione, per limitare i danni in caso di caduta. Per arrampicata in artificiale si intende lo stile di una ascensione sulla roccia praticata da un'alpinista nella quale si utilizzano come supporto oltre la corda anche altri strumenti (sia tipici dell'assicurazione come chiodi, cams,... che propri dell'artificiale come le staffe) anche per creare appigli e appoggi. Nella arrampicata in artificiale si fa ricorso a strumenti speciali al fine di assistere lo scalatore per permettegli di restare appeso alla roccia unendo contemporaneamente due aspetti molto importanti. Il primo é quello di permettere il superamento in sicurezza dei punti critici, il secondo consiste nel danneggiare il meno possibile la roccia stessa e conseguentemente di rispettare la natura.
Esistono varie scale per valutare la difficoltà dei vari tipi di arrampicata. Le classificazioni vengono utilizzate per descrivere le diverse sezioni dell' itinerario mentre per una valutazione d' insieme degli itinerari alpinistici si utilizzano delle sigle :
- F (facile)
- PD (poco difficile)
- AD (abbastanza difficile)
- D (difficile)
- TD (molto difficile)
- ED (estremamente difficile)
- EX (eccezionalmente difficile)
Questa sigle tengono conto, per esempio, dell' asprezza dell' ambiente, dell' isolamento, della qualità della roccia. Per le vie di salita su ghiaccio le pendenze vengono espresse in gradi e viene utilizzata, per analogia, la stessa classificazione d' insieme prevista gli itinerari su roccia (F - EX).
L'appoggio è una sporgenza o un incavo della parete che l'alpinista (o arrampicatore può usare per la progressione. In particolare si definisce appoggio una asperità della roccia che permette l'uso degli arti inferiori, appoggiandoci sopra il piede o una parte di esso (la punta o la parte esterna). Gli appoggi possono essere sfruttati essenzialmente in tre modi a seconda della situazione e del tipo di asperità:
- in appoggio, quando il peso e la spinta dell'alpinista sono perpendicolari al piano d'appoggio
- in aderenza, quando si sfrutta l'attrito tra roccia e calzatura
- in incastro, quando il piede si incastra in una fessura della roccia
Il tipo di calzatura influenza anche la posizione del piede nello sfruttare la spinta sugli appoggi, più la calzatura è rigida (scarpone) maggiore è la possibilità di sfruttare tecniche in appoggio di punta anche su asperità di piccola dimensione mentre l'aderenza è ridotta dalla minore superficie d'appoggio. Viceversa con scarpette da arrampicata l'appoggio risulta più difficoltoso (tipicamete usando il bordo laterale della calzatura e quasi mai la punta) mentre l'aderenza è indubbiamente superiore.
L'appoggio può essere usato anche con la mano, e in tal caso diventa appiglio. L'appiglio è una sporgenza o un incavo della parete che l' arrampicatore può usare per la progressione In particolare si definisce appiglio una asperità che permette l'uso degli arti superiori per trazione o spinta. Si parla di trazione quando si esercita una presa sulla roccia usando la mano o una parte di essa (uno o più dita) e di spinta quando si esercita una pressione perpendicolare (o quasi) alla superficie rocciosa sfruttando l'attrito mano-roccia.
Esistono una varietà di appigli che possono essere classificati nel seguente modo:
- Per orientamento:
- orizzontale
- verticale
- rovescio
- inclinato verso l'alto
- Per forma:
- marcato
- poco marcato
- arrotondato
- colonnetta
Possono essere considerati assieme agli appigli anche gli incastri, ovvero quando in una fessura nella roccia si inserisce una mano, una parte di essa (una o più dita), il pugno chiuso o il braccio allo scopo di creare un punto di trazione o spinta.
Ascolto - ascoltare
L'ascolto è l'atto dell'ascoltare, l'arte di stare a sentire con attenzione quello che c'è fuori e dentro di noi. E' lo strumento che mette in moto i nostri strumenti di comunicazione, di apprendimento e di conoscenza, nei confronti del nostro esterno, ma anche del nostro interno. Ascoltare l'altro significa accogliere, dare senso alle parole, alle cose e alle emozioni. Comprendere i punti di vista e le ragioni dell'altro. Ascoltare l'altro significa mettere da parte il nostro mondo interiore, il giudizio, la critica, la competizione. Attraverso l'ascolto ci si può arricchire e si può ampliare la nostra coscienza, mettendo da parte i propri modi di essere e di pensare. Significa mettersi nei panni dell'altro, uscire dalle proprie convinzioni, abbassare le proprie difese e i nostri pregiudizi.
Attraverso l'ascolto si ha e si da la molteplicità della realtà.
E la montagna è il laboratorio che ci consente l'ascolto dell'essere.
"Ascoltare è una cosa magnetica e speciale, una forza creativa. Gli amici che ci ascoltano sono quelli a cui ci avviciniamo. Essere ascoltati ci crea, ci fa aprire ed espandere" (Karl Menninger).
Auto mutuo aiuto
Complesso sistema assicurativo (da qui la parola “mutuo”)
basato sul sostegno e sul rinforzo positivo reciproco.
L’OMS definisce l’AUTO MUTUO AIUTO come l’insieme
di tutte le misure adottate da figure non professioniste per promuovere,
mantenere o recuperare la salute, intesa come completo benessere
fisico, psicologico e sociale di una determinata comunità
Il confrontarsi, per ritrovare fiducia in se stessi e negli altri
ad acquisire autostima, a trasmettere emozioni, sentimenti e pensieri.
La depressione, l'ansia, il panico, la malinconia, il dolore, la
confusione, la solitudine possono essere vissute non come una malattia,
ma come momenti di vita quotidiana di ognuno di noi.
Si sta insieme, si ascolta e si é ascoltati, senza pregiudizi,
senza giudizio, in un clima armonioso, in cui conta non tanto trovare
soluzioni istantanee ai problemi ma,. scoprendo le proprie risorse
interiori, poterli affrontare positivamente con più forza
E’ caratteristico come, affrontando in una situazione gruppale
determinate circostanze contrassegnate da una certa problematicità,
legata a condizioni di modesto rischio o di difficoltà da
superare, si sviluppino spontaneamente comportamenti cooperativi
tra i membri del gruppo. Questo atteggiamento si manifesta per esempio
nella tendenza collettiva a soccorrere un compagno che appaia, per
qualche motivo, in difficoltà e nell’incoraggiamento
reciproco (anche con scherzi e battute, spesso autoironiche); comportamenti
che contribuiscono a creare un atteggiamento positivo e motivato
nel gruppo, rispetto al compito da affrontare, e a ridimensionare
in un clima solidale impacci e goffaggini che spesso etichettano
i soggetti disabili nell’impietoso confronto quotidiano con
un ambiente sociale improntato sulla competitività e sull’efficientismo.
Nel gruppo si ritrova così fiducia in se stessi e negli altri,
si acquista autostima.
E, d’altra parte, si rinsaldano così i legami affettivi
tra i partecipanti e in alternativa all’esperienza dell’isolamento,
che spesso caratterizza le situazioni di disagio psichico.
Autonomia
La libertà degli antichi è l’autonomia
politica collettiva. Quella dei moderni la libertà privata
individuale. E’ la capacità di riuscire a governarsi
da sé sulla base di leggi proprie. E’ la capacità
di essere indipendenti, liberi di pensare, agire e di interagire
con gli altri.
Autostima
L’autostima è la valutazione che ci diamo, il nostro modo di vederci e di viverci.
Quante volte ci sarà capitato di sentirci dire "non hai fiducia in te", "non sei consapevole delle tue potenzialità, di quello che potresti fare"... O al contrario ci avranno visti come io grandi interpreti di noi stessi: "...chi ti credi di essere?", "...tu non sai chi sono io!".
Potremmo dire che l’autostima è determinata da informazioni oggettive e soggettive, riferite a tre tipi di sé:
- il sé reale: cioè la valutazione oggettiva delle nostre competenze
- il sé percepito: cioè la nostra valutazione di noi stessi. E' facile che il sé reale e il sé percepito non coincidano
- Il sé ideale: cioè i come noi desideriamo di essere. Questo sé è influenzato dalla cultura e dalla società.
Il concetto di autostima non è unitario ma può riferirsi a vari ambiti:
- Ambito sociale: il concetto è in relazione alla cerchia di amici, ai parenti, ai conoscenti, al partner. Si tratta di come stiamo quando siamo con gli altri, se ci sentiamo approvati, sostenuti, aiutati…
- Ambito scolastico/lavorativo: quanto ci sentiamo bravi e contenti nell’intraprendere un’attività e i vantaggi che questo comporta
- Ambito familiare: l'autostima è influenzata dalla sicurezza affettiva. Nei bambini sono fondamentali il rapporto madre-figlio e le valutazioni dei genitori
- Ambito corporeo: il concetto è legato all’aspetto fisico e alle prestazioni fisiche
L' autostima è sempre legata alla dinamica di crescita della personalità, cioè a quel processo complesso che Jung definiva "individuazione", e cioè sano riferimento al proprio Sé. ogni fase della vita richiede un lavoro personale per giungere ad un livello maturo e stabile di autostima. Questa si colloca nell' ambito dell'esperienza umana e concreta dell'individuazione, una realtà che deve costantemente essere nutrita ed alimentata, come un fiore che va annaffiato ogni giorno. L' autostima è un' esperienza ma anche fare un' esperienza. Significa accorgersi di crescere. Significa, in primo luogo, accorgersi di vivere ed agire nel presente grazie alla propria unicità, che spinge la persona ad essere protagonista in modo creativo ed originale. La persona dotata di autostima autentica può definirsi persona consapevole.
I problemi di autostima nascono dalla discrepanza, dalla non coincidenza tra il sé ideale e il sé percepito. Se tendiamo a svalutarci, ci sentiamo troppo lontani da come vorremmo essere e il nostro modello ideale ci appare troppo lontano, irraggiungibile, e quindi noi ne soffriamo.
Al contrario, le persone che si sopravvalutano sono convinte di essere proprio come loro desiderano.
L’autostima influenza la consapevolezza di poter consapevolmente raggiungere obiettivi, influenza il tono dell’umore, le relazioni affettive, in generale, influenza il successo nella vita e le scelte di ogni tipo.
Ci sono alcune malattie psichiche che vanno proprio ad abbassare l’autostima, come la depressione, a causa della quale la persona si disprezza e si svaluta, o la mania, per cui la persona si sente una persona molto importante e potente.
Azimuth
È un termine usato prevalentemente in astronomia e in aeronautica
e deriva dall'arabo as-samt (la direzione) o dal suo plurale as-sumut
(le direzioni).
In pratica: se si unisce con una linea l'osservatore al Nord, e
con un'altra linea l'osservatore all'oggetto osservato e si fa scorrere
una semiretta centrata sull'osservatore in senso orario sul cerchio
dell'orizzonte, l'angolo che quella semiretta deve percorrere per
passare dalla direzione Nord alla direzione dell'oggetto rappresenta
l'azimut dell'oggetto stesso.
Convenzionalmente, il Nord ha azimut pari a 0 gradi, l'Est azimut
pari a 90 gradi, il Sud a 180 gradi e l'Ovest a 270 gradi. L'azimut
copre pertanto la gamma di angoli da 0° incluso a 360° esclusi.
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