LENTAMENTE
GIUNGERE ALLA META
Nicola G. De Toma*, Vinicio Ruggiero**
* Psichiatra, Psicoterapeuta. Coordinatore Attività Riabilitative
Territoriali. D.S.M. 2^ A.T. ASL RM/B
** Psicologo, Psicoterapeuta. Promozione della Salute. D.S.M. 2^
A.T. ASL RM/B
Quelle che seguono solo solamente delle considerazioni
che nascono sia da momenti di discussione all’interno del
nostro Gruppo Montagna, sia dal praticare la montagna a fini terapeutici.
Una montagna che corre non sarà mai fonte di cambiamento
in nessuno di noi, sia che stiamo bene, sia che soffriamo di un
qualche disturbo, psichico, fisico o sociale. Vogliono essere delle
parole che potrebbero fare da base ad una discussione più
ampia, a cui invitiamo tutti. Grazie.
TEMPO
Tempo: il tempo batte lo scorrere
della vita. Il tempo non cambia, non è né veloce,
né lento. Il tempo è sempre uguale, siamo noi che
lo vediamo andar via, a seconda del nostro stato d’animo.
Ma… ognuno di noi ha il suo proprio tempo, anzi, ogni essere
ha il suo tempo, anche le cose e gli animali e le piante. I minerali
hanno un tempo che dura millenni. Ognuno di noi ha il suo tempo,
che si trasforma in ritmo: il ritmo del cuore, il ritmo del respiro…
Ma ognuno di noi non lo sa, oppure usa male il suo tempo, non ne
dispone coscientemente.
Quanto si corre tutti i giorni?
La sveglia al mattino - il traffico - il lavoro - mangi un boccone
- torni al lavoro - poi a casa - la spesa…….
Tutto fatto in fretta, perché il tempo non basta mai.
Ma cosa c’è intorno a noi, ce ne accorgiamo?
Cosa ci circonda? Quali persone? Quali cose?
Chi vediamo?
Cosa conosciamo?
Non abbiamo tempo per vedere, per sentire, per
sapere…
Il paesaggio è una totale approssimazione. La visione che
ne abbiamo è grossolana, sfocata. Tutto sembra sfuggirci.
Il mondo moderno ha l’ossessione del raggiungimento della
meta e del soddisfacimento ultimo.
Corriamo, corriamo non solo con il nostro corpo ma anche, e forse
soprattutto, con la nostra mente.
Chi o che cosa vogliamo diventare? O siamo già diventati?
Ma, soprattutto, così non riusciamo a vivere.
Non viviamo.
RALLENTARE
Rallentare: diminuire la velocità,
andare ad una velocità minore, andare più piano.
LENTAMENTE
Lentamente: andamento rallentato,
con un tempo lento, senza correre, calmo, tranquillo.
Perché non rallentare, magari fermarsi
per mettere dei punti nel dettato della nostra vita? Perché
non procediamo tranquilli, per prenderci del tempo … per vivere…?
Trovare delle pause che possano rigenerarci, pause tra il tempo
della corsa e della quiete. Uno spazio tra un impegno e il dolce
far niente, alla ricerca di qualcosa che si può chiamare
felicità.
Cosa succede se rallentiamo? Ci accorgiamo di tutto quello che ci
circonda, di tutto quello che la vita ci offre continuamente, silenziosamente,
di ciò che è bello, di ciò che è brutto.
Tutto acquista un colore, una luce, un significato, un’emozione.
Se il correre ci porta via, il rallentare ci fa
essere presenti. Ci fa focalizzare; il paesaggio è presente,
limpido, godibile, a nostra disposizione. Pensiamo alla famosa decrescita,
alla slow economy. Se correre ci porta via e ci
costa, di energie, benzina, spesa (per es. non vediamo i prezzi,
le occasioni, spendiamo dove ci capita e prendiamo ciò che
possiamo), rallentare ci fa camminare. Camminare deve essere viaggiare
a ritmi naturali e antichi, come facevano i viandanti, o come facevano
i pellegrini. Camminare è cercare il proprio lato selvatico,
ma anche la propria consapevolezza. Camminare può essere
una pratica di ricerca interiore, di ricerca del proprio essere.
Camminare è decrescere e ci fa risparmiare: per esempio ci
informiamo sui negozi e sulle occasioni, scegliamo quello che ci
serve e/o vogliamo, stiamo meglio. Forse siamo pure sereni e pensiamo
al futuro positivamente.
Quando andiamo in montagna, ricordiamoci che il bello non è
raggiungere a tutti i costi la meta, ma viverla come uno spazio-tempo
plausibile.
La meta, per noi, è il percorso stesso, di cui la meta finale
è solo una tappa.
Quando andiamo in montagna, ascoltiamo la voce
o il rumore del mondo esterno, che si riflette sul nostro mondo
interiore. Ascolteremo così anche la nostra voce interna.
Se possiamo, ascoltiamo anche la voce, o il rumore, del silenzio.
Attraverso l’ascolto si ha e si dà la molteplicità
della realtà. La montagna è il laboratorio che ci
permette l’ascolto di ciò che è fuori e di ciò
che è dentro di noi. Possiamo ascoltare chi ci è vicino,
d imp0arare a conoscerlo, e possiamo raccontare, e farci conoscere
meglio.
Guardiamoci attorno. Guardiamo le piante, gli alberi, il sottobosco,
le tracce, i piccoli animali. Guardiamo il sole e la luna, e la
notte buia. Le nuvole.
Sentiamo gli odori, dell’erba o di un fungo.
Tocchiamo una roccia, abbracciamo tutti insieme un albero.
Assaggiamo un frutto.
Tutto ci arricchisce, ci stupisce, ci dà
emozioni positive, e serenità.
Tutto questo ci permette di essere col gruppo e nel gruppo esperienziale,
che possiamo dire: il nostro gruppo. Un gruppo nuovo in cui ci riconosciamo.
Ci permette di trovare uno spirito di gruppo in cui fattori importanti
sono: il senso di appartenenza, la coesione, la continuità
dell’esserci e dell’esperienza, la stabilità
e il clima emotivo. Sentire di far parte di un gruppo, di avere
dei punti di riferimento, ha un effetto estremamente rassicurante,
che si manifesta attraverso un rinforzo delle caratteristiche di
coesione, continuità e vitalità, che sono la base
dello stato di benessere di ogni individuo.
Imparare ad accettare le dinamiche del gruppo in cui si è.
SI fa parte di quel gruppo, per alcuni giorni, e si impara a conviverci.
E’ necessario mettere a disposizione del gruppo le nostre
conoscenze ed eventualmente quello che noi abbiamo, le nostre cose.
Potremo anche chiedere agli altri ciò che ci manca (conoscenze
e cose materiali).
Un andamento lento permette un ricordo migliore
dei punti di riferimento, che quindi rimangono più impressi
nella nostra mente e nella nostra memoria, anche emotiva.
Imparando a camminare lentamente possiamo scoprire la pace interiore
della lentezza consapevole.
Ci potranno essere degli imprevisti, ma questi
spesso hanno qualcosa da insegnarci.
Impareremo così a vivere il presente, saremo
capaci di sentirlo e di vederlo, di trovare il nostro tempo, di
farlo nostro e di vivere meglio.
Ricordiamoci che in montagna, come dice Annibale
Salsa, “…non sempre il sentiero deve portare ad una
meta…”. Io credo che ognuno di noi abbia un bisogno
inconscio, non confessato: il bisogno di perdersi.
Accettiamo la montagna come spazio vitale, e poi
potremo anche perderci.
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