III°
Soggiorno di Montagnaterapia Cardiologia
Leonessa-Mt. Terminillo (16/17-Giugno-2006)
Anche quest’anno si è
svolto un minisoggiorno di “montagnaterapia cardiologica”
al monte Terminillo (Rieti). Siamo giunti così alla terza
esperienza riabilitativa, definita “estensiva” (cfr.
Linee Guida del GICR, 2003), che ha ulteriormente consolidato le
positive “memorie” psicomotorie e psicosociali dello
scorso anno (cfr. gli articoli su: “Giornale di Riabilitazione
n° 4-2004”; “Cuore Amico n°3/4 e 5/6-2004”e
vedi quelli apparsi nel 2005).
Dal mio punto di vista devo dire che ho trovato estremamente fecondo
continuare a coniugare l’approccio di “montagnaterapia”
(già descritto in precedenza, e impiegato da anni nel campo
della Salute Mentale) con la “riabilitazione cardiologia estensiva”.
Qui di seguito riproporrò, aggiornandole, delle considerazioni
teoriche e tecniche, che costituiscono l’ossatura teorico-esperienziale
del lavoro realizzato anche quest’anno.
1- L’assistito/a oltre ai parametri cardiologici
viene “guardato” e stimolato sotto il profilo dell’
essere o essere stato un frequentatore dell’ambiente montano;
e che ha, di frequente, memorie passate sulla sua esperienza in
un ambiente naturale da riattivare e a cui fare riferimento (ri-orientamento
di un se’ sano) dopo l’evento critico di malattia. Ciò
determina una continuità emotiva e psicologica, nella storia
degli eventi di vita, che contrasta gli aspetti da stress post-traumatico
e le reazioni depressive.
2- La cultura escursionistica ed “alpinistica”, anche
con alcuni aspetti tecnici (orientamento, quota, meteorologia, allenamento,
materiali, aspetti psico-motori, storia alpinistica…) fa da
sfondo a tutto il soggiorno, permettendo un progressivo “transito
di identità del gruppo”; dal gruppo di “cardiopatici
dell’ospedale in riabilitazione cardiologica” a: “comitiva
di escursionisti all’esplorazione di una montagna e di se
stessi”.
3- L’operatore è parte attiva di questo processo mettendosi
in gioco e in relazione personalmente con i suoi ricordi con i suoi
limiti e la sua fatica, mostrando una attitudine al superamento
delle difficoltà ed all’adattamento all’ambiente
ed al gruppo.
4- I necessari controlli cardiologici vengono inseriti in un contesto
di allenamento e di prestazione di tipo “sportivo”.
Si stabilisce un canale di comunicazione sulle percezioni fisiche,
sulle ansie del corpo. Viene ridotta la componente ansiosa e tensiva
perché i sintomi vengono contestualizzati nell’esperienza
di montagna. A questo proposito il portare uno zaino o il calzare
gli scarponi determinaneranno sensazioni fisiche differenti dalle
percezioni quotidiane, queste sposteranno l’attenzione su
un soma affaticato per un motivo contingente e non stabilmente compromesso
da un corteo di senso-percezioni a temuta etiologia cardiaca e circolatoria
(senza nulla togliere alla attenzione clinica).
5- Il mini soggiorno viene poi video o foto registrato per permettere
il positivo confronto ed il lavoro di elaborazione (successivo all’esperienza)
con una immagine di un sé (corporeo e relazionale) in attività
in ambienti naturali particolarmente evocativi, perché non
modificati dalla mano dell’uomo.
6- L’approccio di “montagnaterapia cardiologia”
tende ad incrementare, attraverso le sessioni residenziali o quelle
giornaliere, il senso di autostima ed auto-efficacia delle persone
coinvolte. La malattia determina un aumento delle attenzioni protettive
della famiglia e dell’ambiente, specialmente nei primi mesi
dall’evento cardiologico. Questa sorta di “cappa di
vetro” (quasi sempre inutile) produce spesso una perdita di
una funzione esperienziale che può esitare nell’indebolimento
del sé, e nella perdita di legami significativi. Ciò
che percepiamo è allora una perdita di autostima/auto-efficacia,
una difficoltà nella concentrazione nella memoria ecc.
7- Anche nell’approccio di montagnaterapia cardiologica (MC)
il lavoro prevede la sinergia fra differenti figure di operatori:
esistono gli “esperti”: del luogo, delle tecniche, dei
materiali, del tempo meteorologico, dei percorsi … della montagna;
ed esistono dei “facilitatori”: cioè il personale
sanitario a diverso titolo inserito nei progetti, che è attento
a che la “relazionalità” che è il vero
“farmaco attivo” dell’esperienza, possa agire
all’interno dell’organismo bio-psico-sociale. Una relazionalità
interpersonale; una relazionalità fra il sé e l’ambiente
naturale; infine una relazionalità fra le stesse componenti
costitutive del sé (aspetti storico-emozionali, cognitivo-razionali,
percettivo-corporei, motivazionali ecc.).
8- Quest’anno abbiamo introdotto una sessione sullo spostamento
del baricentro e sull’equilibrio e soprattutto abbiamo proposto
per chi voleva provare una esperienza di arrampicata sulla parete
attrezzata del Rifugio Sebastiani al Terminillo (a circa 1800 metri
di altezza). Quasi tutti (assistiti e operatori) si sono cimentati
nella salita di circa 5 metri di parete assicurati dai consueti
mezzi di assicurazione come da manuali del CAI. Abbiamo notato una
generale soddisfazione e un riconoscimento per l’esperienza
proposta. Sono anche seguite indicazioni per dare continuità
maggiore ai programmi che abbiamo chiamato di “montagnaterapia-cardiologica”.
Giulio Scoppola – Psicologo-Psicoterapeuta,
U.O. di Psicosomatica ASL RM E, Coordinatore “Gruppo di Lavoro
per la Montagnaterapia”- (Lazio), Istruttore di Alpinismo
del Club Alpino Italiano.
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